Biodiversita’

Paola Rinelli 23 Mar 2010

Il Mediterraneo rappresenta soltanto lo 0,8% della superficie marina dell'Oceano mondiale; ma la consistenza della sua biodiversità è paradossalmente relativamente elevata.

Le alterazioni ambientali, di origine sia naturale (cambiamento climatico globale, eventi sismici, dissesto del suolo ecc.) che antropica (eccessivo sfruttamento delle risorse rinnovabili, inquinamento, indiscriminato utilizzo della fascia costiera ecc.) e l’invasione di specie aliene, costituiscono le maggiori minacce per la biodiversità marina. Preservare la biodiversità nei popolamenti marini significa conservare le specie autoctone ed endemiche, mantenendone intatti i patrimoni cromosomici, in modo da garantire alle diverse popolazioni la possibilità di evolversi geneticamente in modo autonomo; la diversificazione all’interno di una stessa specie è garanzia di una maggiore adattabilità alle modificazioni dell’ambiente.

Lo studio della biodiversità marina, sottovalutato per troppo tempo, si è intensificato negli ultimi anni per identificare le problematiche e le priorità di azione per individuare strategie di intervento per la tutela degli habitat e di tutti gli organismi a rischio di estinzione o in condizioni di precario equilibrio. Allo stato attuale i frequenti episodi di depauperamento ambientale provocano spesso la perdita di “particolarità” biologiche, soprattutto a livello di quegli organismi che si trovano ai vertici della piramide alimentare (cetacei, pesci cartilaginei, tartarughe ecc.).Le attività antropiche che insistono lungo le coste meridionali del nostro territorio nazionale sono caratterizzate, per lo più, dalla mancanza di una seria programmazione ecocompatibile. L’eccessivo sfruttamento della fascia costiera provoca una condizione inevitabile di alterazione dell’ecosistema marino soprattutto per quanto riguarda la piattaforma continentale.

L’alterazione dei delicati equilibri ecologici che caratterizzano tale ecosistema è incrementata inoltre dai catastrofici eventi naturali, che sempre più spesso si verificano sul nostro territorio e che provocano in alcuni casi massicci episodi di infangamento delle acque marine costiere, che causano gravi squilibri spesso irreversibili.

 

Una corretta “politica” complessiva di tutela del mare deve necessariamente essere integrata con la gestione delle terre emerse (difesa del suolo).

Le acque del Basso Tirreno calabrese e dello Stretto di Messina costituiscono aree di elevato pregio naturalistico caratterizzate da un alto tasso di biodiversità.

Lo Stretto di Messina, straordinario serbatoio di biodiversità, rappresenta sin dall’antichità un “Paradiso” per gli studiosi delle scienze del mare.

 

 

L'intenso idrodinamismo, la bassa temperatura e l'abbondanza di sali di azoto e fosforo trasportati in superficie dalle acque profonde rende disponibile una grande quantità di sostanza organica utilizzata sia dagli organismi pelagici sia, soprattutto, dai popolamenti bentonici costieri. Tali peculiari condizioni rendono le acque dello Stretto simili a quelle atlantiche. Infatti, numerose specie prettamente atlantiche, come ad esempio le Laminarie (grandi alghe brune), sembrano trovare esclusivo rifugio in quest’ambiente, ed il loro numero è largamente sottostimato, come testimoniato dalle segnalazioni che si accompagnano ad ogni nuova indagine intrapresa in quest'area. Lo Stretto di Messina, in funzione della sua particolare posizione di confine fra i due bacini occidentale e orientale del Mediterraneo, è un eccezionale punto di osservazione per i flussi migratori delle specie che percorrono i due bacini. Infatti nel suo areale convergono o transitano moltissime comunità planctoniche, anche di lontana origine, come testimoniato dalla presenza di numerose specie atlantiche, come, ad esempio il gasteropode Corolla spectabilis (farfalla di mare). Tra gli organismi bentonici che popolano i fondali si riscontra  il crostaceo decapode Pilumnus inermis, fino ad anni recenti considerato esclusivamente atlantico. Questo crostaceo rappresenta una delle specie più rilevanti nell'associazione dell’ idrocorallo Errina aspera, noto endemismo dello Stretto di Messina, presente fra 80 e 110 m sui fondi duri della “Sella”, zona corrispondente al punto di minima ampiezza e minima profondità dello Stretto. Su questi particolari fondali vivono inoltre altre specie atlantiche come la piccola ofiura Ophiactis balli, la rara oloturia Ocnus petiti ed i crostacei Parthenope expansa e Portunus pelagicus. Naturalmente grande importanza è da ascrivere anche alle associazioni di Laminariales, che pur se presenti in altre specifiche zone del Mediterraneo, solo in quest'area riescono a formare comunità ben strutturate. Infine, un caso particolare è quello del crostaceo Albunea carabus che, pur essendo un elemento di origine calda (ospite senegalese) estende il suo areale dal Canale di Sicilia (dove l'influenza atlantica è molto marcata) al bacino occidentale. Questa specie è stata più volte segnalata nello Stretto, ma non ha mai oltrepassato il limite "geografico" e/o "climatico" che delimita, proprio a livello dello Stretto di Messina, i bacini occidentale ed orientale.

Altro elemento peculiare di questa zona è la presenza della numerosa e varia fauna batipelagica (comunemente chiamata fauna abissale) che, trasportata in superficie dalla corrente “montante”, è facilmente reperibile in condizioni ancora vitali nei punti di maggiore turbolenza, o spiaggiata lungo la riva in particolari condizioni meteo-marine. Tra le specie più caratteristiche ricordiamo il “pesce vipera” (Chauliodus sloani) e “l’Ascia d’argento” (Argyropelecus hernigymnus). Se si tiene conto che la gran parte di tali organismi batipelagici vivono dispersi nelle profondità del Mar Mediterraneo (di norma tra i 300 ed i 1000 m) si può facilmente comprendere l'importanza biologica ed ecologica della presenza di grandi quantità di individui di tutte le taglie ed età in acque superficiali.

 

Nelle acque antistanti Scilla, confine settentrionale dello Stretto di Messina, il fondale è arricchito da una grande varietà di forme e colori date dall'abbondanza di celenterati (attinie, madrepore e coralli), ne sono un chiaro esempio le foreste di gorgonie gialle e rosse (Paramuricea clavata) che aderendo al substrato, creano un vero e proprio bosco, un ambiente adatto ad ospitare molteplici specie bentoniche. Particolare menzione merita la presenza, subito a nord del promontorio di Scilla, di grandi colonie del corallo nero del Mediterraneo (Anthipates subpinnata), che fra 50 e 300 m di profondità forma in queste acque delle vere e proprie foreste fra le più estese del mondo. Inoltre nel Golfo di Lamezia, zona ritenuta di grande interesse sia dal punto di vista fisico che biologico, a circa 150 metri di profondità, sono state recentemente rinvenute, per la prima volta nel loro ambiente naturale, cinque colonie di un'altra specie di corallo nero, il rarissimo "Antipathes dicotoma".

Lungo le coste calabresi nidifica la tartaruga marina Carretta carretta; i luoghi di nidificazione si trovano su tutta la costa ionica della provincia di Reggio, tra San Lorenzo e Ferruzzano dove negli ultimi dieci anni si è assistito alla nascita di quasi 2000 tartarughe. L’ultimo evento si è verificato nel crotonese nell’agosto del 2009, fenomeno che ha sensibilizzato ancora una volta l’opinione pubblica sull’importanza fondamentale delle coste calabresi per la riproduzione di questa specie protetta. Un primato che non ha paragoni con nessun’altra regione italiana e che impone la necessità di una radicale inversione di tendenza da parte di tutti per una gestione della fascia costiera più attenta ai problemi della conservazione e dell’uso sostenibile.

Nelle acque calabresi non è raro inoltre  identificare specie  “a rischio” di pesci cartilaginei (squali e razze) che spesso costituiscono un’importante frazione delle catture accessorie (by-catch) della pesca professionale. Gli squali del Mediterraneo stanno scomparendo, la percentuale di riduzione dei grandi predatori ha superato negli ultimi due secoli il 97%. Tale fenomeno è di notevole interesse scientifico poiché la presenza degli squali, definiti, “top predator” è fondamentale per il mantenimento degli equilibri marini.

Recentemente è stato catturato accidentalmente un “baby” esemplare di Cethorinus maximus (squalo elefante) da pescatori professionisti; evento straordinario, da due punti di vista: il primo perche' si tratta in assoluto della prima testimonianza registrata lungo il versante ionico della Calabria; il secondo perchè la presenza di un “piccolo” conferma che il Mediterraneo non e' solo un'area di alimentazione ma un'importante zona di riproduzione per questo animale. La presenza di questa specie rappresenta un'ulteriore prova dell'importanza strategica che la costa ionica della Calabria riveste per la conservazione della biodiversita' marina del Mediterraneo. Qui si concentrano diverse specie di selaci poco comuni fra cui lo squalo elefante, lo squalo martello (Sphyrna sp.),   l’aquila di mare (Myliobatis aquila), il pesce vacca (Hexanchus grisou) e la verdesca (Prionace glauca).

 

Per poter comprendere il funzionamento dell'ecosistema marino, la sua risposta ai cambiamenti naturali e a quelli indotti dalle attività umane, di importanza centrale per una corretta gestione del complesso territorio calabrese, è nata l’idea di creare un centro di eccellenza per lo studio della biodiversità marina. Nasce così, per volontà della Regione Calabria,   il “Centro di competenza sulla Biodiversità Marina e sulla qualità ambientale” presso la sede regionale denominata ex-CIAPI, sito in Cortona in provincia di Reggio Calabria.

È stato stipulato un Accordo di programma tra la Regione Calabria e l’Istituto del CNR per l’Ambiente Marino Costiero di Messina (IAMC), l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, l’Università di Studi di Siena, l’Università della Calabria, l’Università di Cagliari e l’INGV.  Il Centro svolgerà il ruolo di coordinatore di progetti scientifici mirati alla tutela della biodiversità marina.

I ricercatori dell’ IAMC di Messina saranno coinvolti in studi di monitoraggio ambientale con particolare riferimento al censimento e alla tutela delle specie animali e vegetali che popolano le acque marine calabresi.

Le attività di ricerca che il CNR dovrà svolgere saranno quindi principalmente orientate alla valutazione del tasso di perdita della biodiversità, all’identificazione e quantificazione di specie alloctone non mediterranee (specie aliene), all’identificazione dei principali fattori di minaccia della biodiversità e all’elaborazione di strategie di conservazione delle specie autoctone e degli habitat “sensibili” presenti.

In particolare l’attività di ricerca dell’IAMC sarà focalizzata sui seguenti obiettivi:

  1. analisi delle maggiori criticità connesse agli effetti del cambiamento climatico che prevede un monitoraggio annuale dei cambiamenti e dei loro effetti sull’ambiente;
  2. analisi delle risorse marine rinnovabili nell’ottica di una loro gestione sostenibile: valutazione di opportune misure tecniche di gestione (selettività degli attrezzi, salvaguardia delle taglie minime, controllo della pesca illegale sottocosta ecc.);
  3. censimento delle specie che costituiscono il by-catch (catture accessorie prive di valore economico) della pesca professionale;
  4. realizzazione di una banca dati georeferenziata di tutte le specie animali e vegetali e l’individuazione di biocenosi costiere di particolare interesse ambientale. La creazione dell’archivio permetterà di conoscere lo stato attuale e  pregresso della biodiversità marina;
  5. aggiornamento della banca dati mediante monitoraggio periodico che permetterà il controllo diretto delle eventuali emergenze riguardanti non solo gli organismi marini a rischio, ma anche quelle di natura ambientale;
  6. check-list delle specie ed habitat naturali, presenti nelle acque calabresi, sottoposti a tutela in ambito internazionale e comunitario  dalle numerose convenzioni internazionali esistenti;
  7. Attività di formazione da parte dei ricercatori dell’IAMC tramite attività didattica nelle scuole, organizzazione di convegni e manifestazioni culturali mirate alla sensibilizzazione dei cittadini sul tema della protezione della biodiversità marina e la tutela del territorio.

 

Queste attività consentiranno di valutare lo stato della biodiversità marina in Calabria e permetteranno di sottolineare ancora una volta, la fondamentale necessità di investire risorse umane ed economiche per individuare idonee strategie di conservazione. L’elemento di forza sarà la sinergia tra il mondo della ricerca e le Amministrazioni provinciali e regionali che potranno attuare misure tecniche di conservazione sulla base di dati scientifici.

 

Paola Rinelli, Primo Ricercatore, IAMC-CNR di Messina

Ultima modifica il Mercoledì, 09 Settembre 2009 10:26
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