L'enzima "mangia-plastica": la biotecnologia al servizio dell'economia circolare

Matteo Gizzi 09 Set 2025


La plastica, in particolare quella monouso, rappresenta una delle sfide ambientali più pressanti del nostro tempo. Materiali come il PET (polietilene tereftalato), utilizzato per le bottiglie, sono estremamente resistenti alla degradazione naturale e il loro riciclo meccanico, pur essendo fondamentale, presenta dei limiti: spesso porta a un "downcycling", ovvero alla produzione di materiali di qualità inferiore. Inoltre, le normative europee, come la direttiva che dal 2025 impone l'uso di almeno il 25% di plastica riciclata nelle nuove bottiglie in PET, stanno spingendo l'industria a cercare soluzioni di riciclo più efficienti e innovative. È in questo scenario che la biotecnologia sta emergendo come una soluzione rivoluzionaria, promettendo non solo di riciclare la plastica, ma di "resuscitarla".

Un banchetto per enzimi: come scomporre la plastica

Un team di scienziati del Regno Unito ha sviluppato una tecnica all'avanguardia che utilizza enzimi modificati per scomporre chimicamente la plastica non biodegradabile. Gli enzimi sono catalizzatori biologici, proteine in grado di accelerare reazioni chimiche specifiche. I ricercatori hanno identificato un enzima, originariamente scoperto in un batterio che si era evoluto per nutrirsi di plastica, e lo hanno "ingegnerizzato" in laboratorio per renderlo molto più veloce ed efficiente.

Il processo, noto come depolimerizzazione enzimatica, funziona in questo modo: la plastica di scarto viene triturata e posta in un bioreattore a temperatura controllata insieme a una soluzione contenente gli enzimi. Questi ultimi agiscono come delle "forbici molecolari", tagliando i lunghi polimeri di plastica nei loro mattoni fondamentali, i monomeri (nel caso del PET, acido tereftalico e glicole etilenico). Una volta completata la reazione, i monomeri vengono separati e purificati, pronti per essere riutilizzati.

"Stiamo essenzialmente riportando la plastica al suo stato originale, come se fosse appena uscita dalla raffineria," spiega il capo del team di ricerca. "La bellezza di questo processo è che i monomeri ottenuti sono identici a quelli prodotti dal petrolio. Possiamo quindi creare nuova plastica di altissima qualità, all'infinito, senza dover più estrarre combustibili fossili. È il vero concetto di economia circolare."

L'integrazione degli studi scientifici: la corsa globale all'upcycling enzimatico

Questa ricerca britannica si inserisce in una vera e propria corsa scientifica globale per perfezionare il riciclo enzimatico. L'obiettivo non è solo riciclare, ma fare "upcycling": trasformare un rifiuto in un prodotto di valore superiore.
Uno degli studi pionieristici in questo campo è stato condotto dalla società francese Carbios, che ha pubblicato i suoi risultati su Nature nel 2020. Il team ha ottimizzato un enzima chiamato LCC (Leaf-Branch Compost Cutinase), dimostrando che era in grado di depolimerizzare il 90% di una tonnellata di rifiuti di PET in sole 10 ore. Questo studio è stato fondamentale perché ha provato per la prima volta la scalabilità industriale del processo, passando dal laboratorio alla produzione pilota.

Sulla scia di questo successo, la ricerca si è concentrata sul "cocktail enzimatico". Un articolo del 2023 su ACS Catalysis ha esplorato come la combinazione di diversi enzimi ingegnerizzati possa accelerare ulteriormente il processo. I ricercatori hanno scoperto che utilizzando due enzimi diversi in sequenza — uno per "srotolare" le catene polimeriche e l'altro per tagliarle — si poteva ottenere una scomposizione più rapida e completa, specialmente su plastiche più complesse o contaminate da coloranti e altri additivi, che rappresentano un ostacolo per il riciclo meccanico.

La frontiera più recente, tuttavia, è quella di utilizzare i monomeri ottenuti non solo per rifare la stessa plastica, ma per creare molecole completamente nuove. Un team dell'Università di Edimburgo, in uno studio del 2024 su Green Chemistry, ha utilizzato i monomeri derivati dal PET per sintetizzare, tramite un processo biologico che impiega batteri E. coli geneticamente modificati, una molecola chiamata vanillina, l'aroma principale della vaniglia. Sebbene l'applicazione nell'industria alimentare sia ancora lontana, questo studio dimostra un principio rivoluzionario: un rifiuto di plastica può diventare la materia prima per produrre prodotti chimici di alto valore, come aromi, profumi o farmaci.

Questi progressi dimostrano che il riciclo biotecnologico sta evolvendo da una semplice soluzione per i rifiuti a una potente piattaforma di bio-produzione, trasformando la plastica da problema ambientale a risorsa preziosa.

Impatto e prospettive: un futuro senza rifiuti di plastica?
Il riciclo enzimatico offre vantaggi significativi rispetto ai metodi tradizionali:

Alta qualità del prodotto: Produce monomeri vergini, permettendo un riciclo all'infinito senza perdita di qualità.

Efficienza energetica: Il processo avviene a temperature relativamente basse (sotto i 70°C), richiedendo molta meno energia rispetto al riciclo chimico ad alta temperatura.

Tolleranza alla contaminazione: Può trattare plastiche miste o colorate che sono difficili da gestire con il riciclo meccanico.

Economia circolare reale: Chiude il cerchio, trasformando i rifiuti in una risorsa per produrre nuova plastica, riducendo la nostra dipendenza dal petrolio.

Le sfide principali rimangono la riduzione dei costi di produzione degli enzimi e l'ottimizzazione dei bioreattori per trattare enormi volumi di rifiuti. Tuttavia, con aziende come Carbios che stanno già costruendo i primi impianti industriali, la tecnologia sta rapidamente passando dalla fase di ricerca a quella di applicazione commerciale.

Questo approccio biotecnologico non eliminerà la necessità di ridurre il consumo di plastica monouso, ma offre uno strumento potentissimo per gestire i rifiuti che già esistono, trasformando le nostre montagne di bottiglie usate in una miniera di risorse per il futuro.


Note bibliografiche:

1. Tournier V, Topham CM, Gilles A, et al. An engineered PET depolymerase to break down and recycle plastic bottles. Nature. 2020;580:216–219.

2. Austin HP, Allen MD, Donohoe BS, et al. Characterization and engineering of a plastic-degrading aromatic polyesterase. Proc Natl Acad Sci U S A. 2018;115(19):E4350-E4357.

3. Sadler JC, Wallace S. Microbial synthesis of vanillin from waste PET plastic. Green Chem. 2024;26(2):345–359.

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