Neanderthal: un nuovo studio svela i segreti della loro forma del cranio

Francesco Defler 03 Set 2025


Un team di ricercatori italiani ha gettato nuova luce sulla peculiare morfologia cranio-facciale dei Neanderthal. Lo studio, pubblicato su "Evolutionary Anthropology", suggerisce che le caratteristiche distintive di questi nostri "cugini" estinti, come il viso sporgente e la fronte sfuggente, potrebbero derivare da un adattamento iniziale del tratto cervicale, ovvero del collo.

Un ritratto del nostro "fratello perduto"
I Neanderthal (Homo neanderthalensis) sono la prima specie umana estinta ad essere stata scoperta e, grazie a numerosi fossili, sappiamo molto del loro stile di vita e del loro aspetto. Erano esseri umani robusti, con un cervello grande e una cultura complessa. Tuttavia, la loro anatomia era molto diversa dalla nostra: avevano una struttura del corpo tarchiata, adatta a climi glaciali, e una testa dalla forma unica, con un cranio basso e allungato, grandi arcate sopracciliari e un naso prominente.

Il ruolo cruciale del collo
La nuova ricerca, condotta da esperti della Sapienza, dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana e dell'Università di Pisa, si è concentrata sulla relazione tra il collo, la base del cranio e il viso. Secondo gli studiosi, i duri cicli glaciali del Quaternario in Europa avrebbero innescato una serie di adattamenti progressivi.

Il primo di questi adattamenti sarebbe stato un collo corto e robusto, poco mobile, che avrebbe reso la testa fortemente integrata con il tronco. Questa struttura massiccia offriva un vantaggio durante la caccia ravvicinata a grandi prede.

Secondo i ricercatori, questo cambiamento iniziale nel tratto cervicale avrebbe poi scatenato una "cascata morfo-funzionale", influenzando lo sviluppo successivo di altre parti del cranio e della faccia. In pratica, l'evoluzione del collo avrebbe condizionato la forma della base del cranio e del viso, con ripercussioni sulla masticazione e sulla respirazione, portando alla morfologia quasi unica che oggi conosciamo nei Neanderthal.

L'importanza della collaborazione scientifica
Il professor Giorgio Manzi della Sapienza, uno degli autori principali, spiega che lo studio è il risultato di anni di ricerca e di un forte interesse condiviso tra i vari esperti del team. La collaborazione tra paleoantropologia, biomeccanica, e persino odontoiatria, è stata fondamentale per giungere a queste conclusioni. Come sottolinea Andrea Papini, un altro autore, "questo lavoro dimostra come il dialogo tra competenze diverse possa aprire nuove prospettive scientifiche".

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