Etica

Etica (31)

 

Attraverso lo studio IPSAD® (Italian Population Survey on Alcohol and Other Drugs), l’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche ha rilevato quanto siano diffuse nel nostro Paese esperienze legate ad episodi di violenza nella popolazione femminile tra i 18 e gli 84 anni. Sono oltre 12 milioni le donne che hanno subito almeno una volta un episodio di violenza fisica o psicologica: di queste, solo il 5% ha denunciato l’accaduto.

 

 

Due indagini nazionali, condotte tra marzo e aprile 2020 dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr (Osservatorio Mutamenti Sociali in Atto Covid-19), mostrano l’aumento del rischio di violenza nelle coppie durante il confinamento e una significativa presenza, nella popolazione, di stereotipi di genere che condizionano lo svolgimento delle attività domestiche. Gli studi pubblicati sulla rivista internazionale European Review for Medical and Pharmacological Sciences

Oggi è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Ma quali conseguenze ha avuto la convivenza forzata causata dalla pandemia sugli equilibri delle coppie italiane? L’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps), tramite l’Osservatorio Msa-Covid-19, ha condotto a partire da fine marzo 2020 due indagini che hanno mostrato l’esistenza di un rischio di incremento dei fenomeni di violenza di coppia, registrando, al trascorrere del lockdown, un aumento dei soggetti che hanno dichiarato la possibilità di atti di violenza psicologica reciproca fra i due sessi e di violenza fisica verso le donne. I tre articoli originati da tali ricerche sono stati pubblicati sulla rivista internazionale European Review for Medical and Pharmacological Sciences.

 


Il 65 per cento delle mamme-lavoratrici non ritiene conciliabile DAD e lavoro e tra queste, il 30 per cento prenderebbe in considerazione di lasciare il lavoro, se l’uso della didattica a distanza dovesse continuare anche a settembre. È quanto emerge dal primo report dell’indagine nazionale “Che ne pensi? La DAD dal punto di vista dei genitori”, predisposto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze umane per la formazione, formato da Giulia Pastori (coordinamento scientifico), Andrea Mangiatordi, Valentina Pagani e Alessandro Pepe.

L’indagine, che ha raggiunto circa 7.000 genitori di bambini e ragazzi di scuola primaria e secondaria, per un totale di circa 10.000 bambini e ragazzi, consiste in un questionario online diffuso sui canali social.

I ricercatori hanno approfondito come sono stati vissuti questi mesi di scuola “in casa” da uno dei principali gruppi di stakeholder della scuola: i genitori.

Il questionario fornisce infatti un quadro generale non solo di com’è stata percepita e vissuta da loro questa esperienza, ma restituisce anche un bilancio finale sulla modalità della didattica a distanza, dando spunti di riflessione per il futuro.


Un nuovo studio italiano, coordinato da un team di ricerca del Dipartimento di Psicologia della Sapienza, ha osservato l’influenza che volti e parole della politica possono avere sul comportamento morale degli elettori “indecisi”. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, sono stati ottenuti attraverso l’analisi del comportamento oculomotorio di un campione di persone prive di una convinzione ideologica precisa


Gli occhi non mentono perchè secondo alcuni sono lo specchio dell’anima.

Dal movimento oculare è possibile capire se una persona mentirà o dirà la verità e ottenere anche informazioni utili sulle ragioni e sulle modalità dell’uno o dell’altro comportamento e sulle relative conseguenze. È quanto ha dimostrato il team di ricerca composto da Michael Schepisi, Giuseppina Porciello, Salvatore Maria Aglioti e Maria Serena Panasiti del Dipartimento di Psicologia della Sapienza in un nuovo lavoro pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

L’obiettivo generale dello studio è stato quello di indagare se la presentazione di stimoli politici di diversa natura (volti di politici vs. parole ideologiche) e associati a diverse ideologie (sinistra vs. destra) potesse influenzare la tendenza di persone politicamente indecise a mentire. Inoltre, attraverso la registrazione dei movimenti oculari dei partecipanti è stato possibile avere un indice attentivo in grado di predire il processo decisionale che porta a tale comportamento.

Nello specifico, i risultati mostrano come alcune parole ideologiche (es. “condivisione”, “tolleranza”) possano essere utilizzate più efficacemente per veicolare messaggi che influiscono sul comportamento morale dei partecipanti, portandoli a mentire di più per l’interesse altrui e meno per quello personale.


Quali sono i meccanismi neurali che consentono di sentirci responsabili delle nostre azioni? Li rivela lo studio dal titolo “How the effects of actions become our own” realizzato da un gruppo di ricercatori coordinato da Eraldo Paulesu e condotto da Laura Zapparoli e Silvia Seghezzi (rispettivamente assegnista e dottoranda di ricerca del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca) in collaborazione con l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi (Gruppo San Donato), presso il quale i ricercatori studiano la fisiologia e i disturbi del movimento.

La ricerca è appena stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Science Advances.

Sebbene gran parte del funzionamento del nostro sistema motorio avvenga automaticamente, noi "sappiamo" di essere attori del nostro comportamento. Inoltre, prevediamo e siamo consapevoli delle conseguenze delle azioni che pianifichiamo, con riferimento ai nostri obiettivi. La sensazione di controllare volontariamente le nostre azioni e, attraverso esse, gli eventi nel mondo esterno è il cosiddetto "senso di agentività”, una componente cruciale del monitoraggio dell'azione e della consapevolezza di sé.

Lo studio GAPS#iorestoacasa condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa rileva il cambiamento dei comportamenti di gioco nel periodo di lockdown. È stata registrata una generale diminuzione del gioco fisico, con più del 35% dei giocatori che ha ridotto le puntate e quasi il 23% che ha smesso, mentre un intervistato su tre dichiara di aver aumentato le giocate online. Tra gli habitué del gioco fisico il 12% ha continuato anche durante l’isolamento e circa il 10% ha puntato sul web

Le stime epidemiologiche sul gioco d’azzardo in Italia indicano che gioca per soldi metà della popolazione adulta, mentre le quote di gioco problematico hanno visto un aumento negli ultimi anni nella popolazione 15-74 anni e in particolare tra i giovani adulti. Ma cosa è cambiato durante il lockdown, con la chiusura dei luoghi fisici di gioco e la sospensione di estrazioni e scommesse? L’Agenzia dei Monopoli evidenzia una forte contrazione della raccolta derivante dal comparto, come in tutti i periodi di crisi economica quali il 2008, d’altronde è lecito ipotizzare che la perdita di lavoro e di riferimenti spinga parte della cittadinanza a cercare fortuna proprio nell'azzardo.


Una ricerca internazionale rivela che i lavoratori con un impiego precario sono più esposti sul posto di lavoro a subire comportamenti e molestie sessuali rispetto ai loro colleghi impiegati in contesti non precari. Lo studio, coordinato dal Dipartimento di Psicologia della Sapienza, è ora pubblicato su PLoS ONE
Uno studio appena pubblicato sulla rivista PLoS ONE, condotto da un team di studiosi internazionali, tra cui Antonio Chirumbolo e Claudio Barbaranelli del Dipartimento di Psicologia della Sapienza, ha stimato le associazioni tra lavoro precario e attenzioni sessuali indesiderate e molestie sessuali, analizzando un campione di 63.966 lavoratori dipendenti, rappresentativo della popolazione attiva europea di 33 paesi.

L’indagine ha tenuto conto di alcune importanti variabili socio-demografiche: età, istruzione, tipo di famiglia, durata del lavoro, orario di lavoro settimanale, posizione professionale, settore di lavoro, dimensioni dell'azienda, rapporto di genere sul posto di lavoro.


Tra le tante problematiche imposte dalla pandemia da Covid-19 particolare rilievo riveste quella dei lavoratori che, sia durante la fase emergenziale che dopo, hanno continuato e continuano a svolgere la propria attività lavorativa esponendosi ad un potenziale rischio di contagio.


Particolare attenzione deve essere ovviamente rivolta in primis agli operatori sanitari ed a tutti i lavoratori coinvolti in prima linea (forze dell’ordine, personale impiegato presso attività essenziali aperte al pubblico, tra le quali supermercati, farmacie, studi odontoiatrici, operatori del trasporto etc..) che anche durante il lockdown, per la peculiarità dell’attività svolta, hanno rappresentato certamente le categorie più esposte al contagio, sia per loro stessi che per tutte quelle persone con le quali sono entrate in contatto, in particolar modo i loro familiari.
Ed invero, anche nel periodo in cui tutte le attività sono state sospese dai provvedimenti restrittivi dell’Autorità, queste categorie di lavoratori hanno continuato ad esercitare la propria attività andando incontro, in alcuni casi, ad un elevato rischio di contagio anche a causa, soprattutto nei primissimi giorni, della mancanza di idonei mezzi di protezione individuale ovvero, in alcuni casi, a causa dell’inadeguatezza delle misure e delle procedure di sicurezza adottate.


Sapienza si conferma al primo posto in Italia nella classifica internazionale del Centre for World University Rankings (Cwur) resa pubblica l’8 giugno 2020. Rispetto allo scorso anno l’Ateneo ha guadagnato 24 posizioni e si colloca ora in 114ª posizione nel ranking a livello internazionale, compresa tra le Top 0,6% delle circa 20mila università censite

“Sono molto soddisfatto di questo risultato anche perché ha avuto tra i suoi punti di forza la valutazione della ricerca svolta nella nostra università” - commenta il Rettore Eugenio Gaudio - mai come in questo periodo si è diffusa la consapevolezza di quanto sia strategico a livello Paese rafforzare la ricerca nelle sue varie articolazioni e metterla a servizio dei cittadini”.

 

L'indagine sotto copertura di PETA Stati Uniti in Perù mostra gli alpaca che sanguinano e gridano per il dolore e la paura

 

Un'investigazione sotto copertura di PETA Stati Uniti, la prima del suo genere, su Mallkini – il più grande allevamento d'alpaca al mondo, di proprietà privata e con base in Perù – rivela che i dipendenti afferravano le alpaca per le orecchie, mentre si dimenavano e gridavano, per tosarle in modo grezzo con tronchesine elettriche, facendo vomitare gli animali dalla paura.

Gettavano con violenza gli alpaca – alcune in stato di gravidanza – sui dei tavoli e legavano loro ad un congegno restrittivo dall'aspetto medievale e tiravano forte, quasi strappando le gambe dalle cavità dell'anca. La tosatura, rapida e brusca, ha lasciato gli animali con tagli e profonde ferite sanguinanti, suturate senza gli antidolorifici adeguati.

In risposta alla denuncia, Esprit sta eliminando gradualmente la lana d'alpaca e, come primo passo, Gap Inc (proprietario di Banana Republic, Athleta e altri brand) e H&M Group (proprietario di otto brand di moda) hanno tagliato i legami con la società madre di Mallkini, Michell Group, il principale esportatore di fibre d'alpaca. PETA Stati Uniti chiede alle autorità peruviane di indagare su Mallkini per le possibili violazioni delle leggi sulla protezione degli animali del paese.

 

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