I DENTI DI UN FETO PREISTORICO RIVELANO GLI ULTIMI MESI DI VITA DI MAMMA E BIMBO

Sapienza Università di Roma Comunicato stampa 30 Ago 2017

 

 
 

Studio di un team guidato dalla Sapienza e pubblicato su Scientific Reports reso possibile grazie a tecniche non invasive realizzate con luce di sincrotrone a Trieste

Lo studio dei fossili permette di ricostruire la storia del nostro pianeta e l’evoluzione della nostra specie. Ma che tipo di informazione si può ricavare dai fossili di un feto del Paleolitico superiore? È quanto indagato da uno studio, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, realizzato per la Sapienza da Alessia Nava e coordinata da Alfredo Coppa e da Luca Bondioli nell’ambito del corso di dottorato in Biologia ambientale ed evoluzionistica. Alla ricerca hanno collaborato anche il Museo delle Civiltà di Roma, il Centro Fermi di Roma, Elettra-Sincrotrone Trieste, il Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam di Trieste, l’Università degli Studi di Bari e la University of Wollongong in Australia.
I ricercatori hanno analizzato i reperti provenienti dalla sepoltura “Ostuni 1”, rinvenuta a Santa Maria di Agnano in Puglia nel 1991 dal paletnologo Donato Coppola (Università di Bari) e datata a oltre 27 mila anni fa. In particolare, si sono interessati ai denti del feto che una giovane donna di circa vent'anni portava in grembo. Da questi denti ancora in formazione è stato possibile ricavare dati sullo stato di salute della mamma e del feto nelle ultime fasi della gravidanza, stabilire l'età gestazionale del feto, identificare alcune peculiarità dello sviluppo embrionale.

Per la prima volta in assoluto è stato possibile ricostruire alcuni aspetti di vita e di morte di un individuo fetale così antico e, contemporaneamente, gettare luce sullo stato di salute della madre. Lo smalto dei denti è infatti il nostro archivio biologico che registra indelebilmente, durante la sua formazione, i momenti di normalità e quelli di sofferenza. Lo smalto prenatale che si sviluppa durante la vita intrauterina, inoltre, non parla solo dell'individuo, ma anche di sua madre. 
In particolare, tre incisivi da latte ancora in formazione appartenenti al feto sono stati visualizzati e analizzati tramite la tecnica di microtomografia a raggi X. Grazie all'utilizzo della luce di sincrotrone e di una specifica metodologia di analisi sviluppata in collaborazione con i ricercatori del gruppo SYRMEP di Elettra, è stato possibile realizzare sui reperti fossili uno studio istologico virtuale, che ha rivelato le strutture più fini dello smalto dei denti, preservando l'integrità dei rarissimi reperti.
L'istologia virtuale ha permesso di accertare come la morte della madre e del bambino sia avvenuta tra la 31a e la 33a settimana di gravidanza. È emerso, inoltre, che durante gli ultimi due mesi e mezzo di vita, tre momenti di acuta sofferenza hanno colpito madre e figlio, come evidenziato dalla presenza di marcatori di stress formatisi a livello microscopico nello smalto. Questi marcatori, che appaiono come linee ben definite  entro lo smalto, derivano da un’alterazione nella secrezione in momenti di stress. Oltre allo stato di salute della mamma e del feto nelle ultime fasi della gestazione, l’analisi dei denti del bimbo ha permesso di stabilire con precisione la sua età gestazionale e di identificare alcune differenze nello sviluppo embrionale rispetto a quanto avviene oggi.
“Gli antichi romani ci avevano fornito l'indizio di uno sviluppo fetale accelerato nel mondo antico – spiega Alessia Nava, primo autore dell’articolo – anche se di poco. Questa ricerca sembra confermare questo andamento, in un periodo molto più antico. Ora si tratta di estendere nello spazio e nel tempo il nostro studio: forse altre sorprese ci attendono”.
Proprio lo smalto prenatale nelle popolazioni umane del passato è oggetto di uno specifico progetto di ricerca recentemente attivato da un team, coordinato da Alfredo Coppa e da Luca Bondioli, della Sapienza e del Museo delle Civiltà di Roma nell’ambito del corso di Dottorato in Biologia ambientale ed evoluzionistica . Già nel luglio 2017 lo stesso team aveva gettato luce sullo sviluppo prenatale degli antichi romani. Oggi, tramite tecnologie ancora più avanzate, il team ha dato “voce” al feto della giovane donna -conosciuta al grande pubblico come "la mamma più antica del mondo" - deceduta durante la gravidanza e sepolta nella tomba di “Ostuni 1”.

Ultima modifica il Mercoledì, 30 Agosto 2017 09:46
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