La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, ha preso in esame i dati clinici di 156 pazienti con grave cerebrolesione acquisita (GCA), cioè un danno cerebrale esteso prevalentemente di origine traumatica o vascolare, tale da determinare una condizione di coma che può durare per brevi o lunghi periodi di tempo: lo studio ha permesso di modellizzare e prevedere le “traiettorie” degli esiti clinici per ogni singolo paziente.
“Nei casi di persone affette da gravi cerebrolesioni acquisite, pur essendovi alcuni parametri clinici internazionalmente accettati che indicano quale potrà essere la probabilità di recupero della coscienza, non è possibile ad oggi conoscere con esattezza quale sarà il decorso clinico per ogni singolo paziente: i ricoveri ospedalieri, sia per gli per interventi rianimatori o neurochirurgici, sia per i successivi interventi di tipo riabilitativo, possono prolungarsi per settimane o mesi”, spiega Francesca Lucia Lucca, medico primario dell’Unità di risveglio dell’Istituto S’Anna di Crotone. “I pazienti oggetto dello studio risultavano ricoverati in strutture di riabilitazione intensiva distribuite su tutto il territorio nazionale: di questi, la maggior parte aveva un danno di natura vascolare (50.6%), seguito da patologie traumatiche (36%) e anossia (9.6%). Per ciascuno, sono stati raccolti dati relativi alla condizione clinica al momento del ricovero in riabilitazione e durante tutto il periodo di degenza fino alla loro dimissione: alle dimissioni, circa il 3% era deceduto, il 61.1% aveva avuto un completo recupero della coscienza, mentre il 36% era rimasto in stato vegetativo o di minima coscienza”.
Proprio l’analisi della condizione clinica lungo tutto l’intervallo temporale della degenza ha permesso di modellizzarne l’evoluzione tramite una equazione matematica: “Per la prima volta sono state caratterizzate dal punto di vista matematico le traiettorie di evoluzione dello stato di coscienza dei pazienti, arrivando a predire il recupero delle funzioni cerebrali dei pazienti o, nei casi peggiori, il grado di disabilità”, aggiunge Simona Panunzi, ricercatrice del Cnr-Iasi.
L’approccio metodologico utilizzato ha consentito di indentificare un set di variabili che, sintetizzate in un indice descrittivo dello stato di coscienza del soggetto, hanno permesso di predire l’esito clinico dei pazienti con una accuratezza dell’85%: “Il dato interessante è che, a tre mesi dalla degenza, l’esito dei pazienti con esito positivo si differenziavano chiaramente da quelli con esito negativo”, conclude Antonio Cerasa, ricercatore del Cnr-Irib. “Avendo a disposizione una maggiore quantità di dati registrati lungo tutto il decorso clinico dei pazienti ricoverati presso i centri di neuroriabilitazione potremmo a breve fornire un sistema computazionale utile per supportare il personale medico, con informazioni continuamente aggiornate su come i trattamenti in atto possono deviare le traiettorie degli esiti clinici”.