Protecting coral reefs more effectively from climate change
Thermally tolerant corals have different mechanisms for responding to heat stress. This is the conclusion of a current study by an international team of researchers including the Konstanz biologist Professor Christian Voolstra that was published in Molecular Ecology. The team examined responses to heat stress in the smooth cauliflower coral (Stylophora pistillata) in the Red Sea by combining the Coral Bleaching Automated Stress System (CBASS) – a mobile rapid heat stress test – with molecular analyses, in order to identify different types of thermal tolerance. The procedure is to be used worldwide, and the respective results could help provide corals with more targeted protection from the effects of climate change.
Death of corals worldwide caused by warming oceans
As a result of climate change, corals all over the world are currently dying. Within just a few decades, the global coral population has dropped by half, and, due to their locally adapted thermal tolerance, many corals are poorly prepared to respond to further increases in ocean temperatures. Some corals, however, are more adept at managing heat stress than others.
In order to elucidate the factors that contribute to higher thermal tolerance in corals, Voolstra and his colleagues introduced a new mobile testing system last year – the Coral Bleaching Automated Stress System (CBASS). The system makes it possible to quickly identify corals that are particularly resilient. “This test procedure is a small revolution for me, because it allows researchers and conservationists alike to assess coral resilience anywhere on Earth and to find out how endangered each coral reef is, without the need for costly and sophisticated tech”, Voolstra described the CBASS system in a previous article.
La capacità riproduttiva degli alberi diminuisce con l'età
Uno studio internazionale realizzato con la partecipazione dell’Università Statale di Milano fornisce un importante contributo per comprendere la vita degli alberi e gestire i programmi di rigenerazione delle foreste. La ricerca è stata appena pubblicata su PNAS.
La fecondità degli alberi non cresce di pari passo con la loro crescita di dimensione, ma raggiunge un picco quando gli alberi hanno raggiunto una dimensione intermedia, per poi decrescere: è la conclusione a cui giunge uno studio coordinato dalla Duke University, con la partecipazione dell’Università Statale di Milano e dell’Università di Torino, condotto su 585.670 singoli alberi appartenenti a quasi 600 specie, in tutto il mondo.
La ricerca, a cui hanno partecipato 59 ricercatori provenienti da Cile, Italia, Canada, Polonia, Francia, Spagna, Svizzera, Giappone, Slovenia, Germania, Panama, Porto Rico e Stati Uniti, tra cui Giorgio Vacchiano, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia della Statale e co-autore della ricerca, è stato pubblicato su PNAS (Proceedings of National Academy of Sciences) e fornisce un importante contributo per prevenire cali di fecondità nella produzione di frutti e semi, vitali per molti animali e per la rigenerazione delle foreste.
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